C’era una volta un territorio, molto ma molto esteso, che si chiamava Terra di Lavoro. Prima ancora, Campania Felix: basso Lazio, il Molise e una bella parte di Campania. Come disse qualcuno, entrandoci, si avvista qualche branco di bufale e piante di pomidoro. E’ una terra grassa, fertile. Anche la mozzarella (aversana, ricordate?) ha un sapore più greve e sapido da queste parti. Ed è qualche tempo che dalla Terra di Lavoro, in special modo da Caserta, si sente parlare di pizza. Di ottima pizza.
A volte i pizzaioli andrebbero ringraziati, ci offrono la possibilità di parlare bene di un territorio che balza agli onori della cronaca per tutt’altre faccende. Caserta ha dimostrato di non temere affatto il confronto con la sorella maggiore Napoli: nell’ultima Guida alle Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso, ha guadagnato la new entry direttamente con i 3 spicchi, il titolo di miglior pizzaiolo emergente e una serie di spicchi singoli e doppi, sparpagliati fino alle porte del Lazio. Ma com’è questa pizza casertana, altrimenti detta dagli esperti ‘nuova pizza napoletana’? Innanzitutto, idratata: si raggiungono picchi consistenti dell’80% di idratazione, permettendo una manipolazione relativamente semplice dell’impasto.
Il cornicione è pronunciato, leggasi ‘canotto’ oppure ‘gommone’, hashtag ricorrenti sul web. Il risultato è una pasta morbida e burrosa, ma non cedevole, con pizze di diametro più piccolo della ‘ruota di carro’ del centro storico napoletano. E poi c’è tanta ricerca del prodotto, a partire dalle farine: alcuni utilizzano ancora le affidabili Caputo, altri si lanciano alla ricerca dei grani antichi e delle produzioni autoctone. E soprattutto, i pizzaioli casertani hanno capito l’importanza del web e del personaggio pubblico: alla stregua degli chef, non si va più in pizzeria ma dal pizzaiolo, hitmaker grazie a video, post, lussuriose foto di carboidratici peccati, e alla mattanza del web. Tra tutti spicca Valentino Libro, Napoletano, trapiantato a Caserta: nei luoghi, c’è già tutto quello che bisogna sapere di Valentino Libro come uomo e come professionista.
E’ il pizzaiolo più turco-napoletano che ci sia: formato nell’hinterland napoletano, dopo la gavetta decide di fare il grande balzo verso l’Oriente e approda addirittura ad Istanbul, dove impara a riconoscere le diverse declinazioni della pizza napoletana all’estero. La ricerca dei prodotti lo tiene molto impegnato, lo aiuta ad acquisire uno stile personale, oltre che a maturare conoscenza riguardo la materia. Ma il punto di svolta arriva con la vittoria del Trofeo Caputo: Valentino diventa il pizzaiolo più bravo del mondo, ed inizia a viaggiare ancora di più e a sviluppare altre conoscenze. Quelle economiche.
Perchè Valentino Libro è, probabilmente, il pizzaiolo più imprenditore di tutti. La sua creatura, Libro’s 33, ha solo 10 mesi, ma gira come una macchina consolidata da parecchio, tanto da aver agguantato anche uno Spicchio del Gambero Rosso. Un locale ultranuovo, sui toni chic del bianco, due forni con doppi cilindri argentati, pensati da lui. Il giovane Valentino, pluripremiato a soli trent’anni, non ha intenzione di fermarsi qui: l’idea di aprire nuovi format è già ben delineata, e mica solo ad Aversa. Perchè il cliente deve sentirsi in un posto bello, ci dice. E sa bene cosa fare perchè accada: gestisce personalmente le sue pagine fan sui social, meglio di qualunque esperto di media riesce a comunicare se stesso, la sua filosofia, il suo prodotto.
La sua pizza è, manco a dirla, napoletana con un pizzico di Terra di Lavoro: non ha il cornicione pronunciato dei colleghi, bensì una pasta più fine e stesa, ma dei casertani ha la maniacalità della ricerca del prodotto, l’abbinamento perfetto, quello che fa perdere la testa. Inoltre, i suoi condimenti sono studiati insieme ad esperti di nutrizione, in modo tale da fornire il giusto apporto calorico e tutte le informazioni necessarie per un corretto consumo della pizza (il valore medio indicato in menu è di 1300kcal/pizza). Fonte: http://www.dissapore.com/